giovedì 11 novembre 2010

Far sentire la voce degli insegnanti

Intervento di un insegnante dell'Alessi all'assemblea del 4 novembre


Credo che l’aspetto più positivo di questa iniziativa – che io definirei una sorta di risveglio dei docenti italiani – sia proprio l’opportunità di far sentire finalmente la voce/le voci degli insegnanti. Si sente spesso parlare di scuola dai mass media, ma il fatto sorprendente è che di scuola non parlano quasi mai i docenti che la vivono quotidianamente; di scuola parlano le forze politiche, le forze sindacali o non meglio qualificati esperti che si improvvisano tuttologi. Le discussioni sulla scuola restano poi spesso in superficie; si parla molto poco di fatti, di realtà concrete e si preferisce lo scontro sul puro piano dell’ideologia spesso mediante l’utilizzo di facili slogan che non dicono nulla.
Ecco, qui, in questa sede, io voglio rappresentare la voce della scuola, della mia (il Liceo Scientifico ‘G. Alessi’) e, presumo, di molte altre perché i problemi sono purtroppo simili.
La scuola italiana è nella grande maggioranza dei casi un edificio malmesso e improvvisato. Le aule sono anguste e mal ridotte, gli spazi comuni scarsi, le mense pressoché inesistenti. Dal punto di vista edilizio e da quello degli arredi (sostanzialmente lavagna e gesso), non molto è cambiato rispetto ai primi del 900. Gli studenti che hanno avuto l’opportunità di viaggiare nell’ambito di qualche progetto europeo hanno potuto constatare con amarezza la differenza abissale che esiste, semplicemente a livello di spazi e strutture, fra una scuola italiana e una scuola europea.
Ma il problema edilizio è solo uno dei tanti. La scuola pubblica italiana sta ormai vivendo da anni in uno stato di precarietà assoluta grazia a politiche educative mirate semplicemente ai tagli, al risparmio. Si risparmia persino sulle saponette e sulla carta igienica, tanto per rendere l’idea. La politica dei tagli, nell’arco di circa 10 anni ha prodotto tutta una serie di  conseguenze che riassumo brevemente:
1.            aule sovraffollate ai limiti della decenza. L’aumento del numero d alunni per classe (anche 30 – 33 studenti in alcune realtà) non è stato certo accompagnato dall’aumento dello spazio disponibile che resta nella maggior parte dei casi angusto e disagevole;
2.            negazione sistematica del diritto allo studio. Quando il docente titolare è assente (anche gli insegnanti sono esseri umani e si ammalano), non ci sono più docenti a disposizione per poter sostituire l’insegnante assente all’interno della scuola. Gli studenti entrano più tardi o escono prima senza alcuna possibilità di recuperare quanto perso. Un supplente temporaneo può essere chiamato solo per assenze superiori ai 15 giorni e la procedura burocratica per il reperimento del supplente è lunga e cervellotica per cui spesso i tempi si dilatano;
3.            difficoltà ad utilizzare i laboratori in maniera proficua e continuativa grazie – si fa per dire- al taglio del personale addetto ai laboratori;
4.            riduzione delle ore di lezione grazie all’operazione di restyling fatta dalla Riforma della Scuola Secondaria Superiore che è soprattutto mirata al contenimento della spesa per la scuola pubblica. Faccio solo due esempi tratti dalla mia esperienza di insegnante di Inglese in un Liceo Scientifico: due sperimentazioni di qualità quali il PNI (Piano Nazionale d’Informatica)  e il Corso DLS (Doppia Lingua Straniera)  sono state di fatto abolite, causando in tal modo una significativa riduzione dell’offerta della scuola. Va notato che la soppressione della sperimentazione linguistica nei licei scientifici va contro tutte le indicazioni dell’Unione Europea in materia educativa (che sostiene la centralità dell’apprendimento di almeno due lingue straniere). Nel nostro liceo siamo riusciti a mantenere l’opzione doppia lingua straniera grazie alla cosiddetta flessibilità (cioè alla riduzione del monte ore di una disciplina in favore della seconda lingua straniera); si tratta comunque di un aggiustamento dovuto alla buona volontà ed alla disponibilità dei docenti. Per quanto riguarda l’insegnamento dell’inglese vorrei smontare qui un mito ampiamente celebrato dai media. Non è affatto vero che con la Riforma le ore di inglese sono aumentate in tutte le scuole; nei licei scientifici, ad esempio, sono diminuite da 17 a 15 ore nel corso del quinquennio!
5.            impoverimento e svilimento del ruolo dell’insegnante tramite una politica di attacco sistematico del ruolo ed una pesante riduzione del reddito (attraverso il blocco dei rinnovi contrattuali e la sospensione dei cosiddetti ‘gradoni’, cioè scatti stipendiali legati all’anzianità di servizio). Un insegnante impoverito è un insegnante che non può spendere in libri, che non può aggiornarsi, che non ha più occasione di approfondire e ampliare le proprie conoscenze. Un insegnante povero e umiliato è anche, purtroppo, la cartina al tornasole dell’irrilevanza che un paese attribuisce alla scuola pubblica, cioè alla scuola di tutti, la scuola che ha per statuto la formazione di cittadini e cittadine che sappiano partecipare in maniera consapevole alla costruzione della società di domani.
Insegnanti impoveriti e studenti deprivati, studenti i cui diritti all’ istruzione sono costantemente negati, sono il simbolo della scarsissima attenzione che la politica riserva alla scuola, della mancanza di investimenti sistematica, dell’assenza di una visione, di un progetto per il futuro di questo paese.
Potrei citare molti altri aspetti, ma non voglio correre il rischio di ripetere dati/problemi già sentiti nel corso di questo incontro. Auspico che questa prima iniziativa possa veramente segnare una piccola svolta per il mondo della scuola e che l’opinione pubblica ricominci a sentire – anche in maniera critica – la centralità del problema educativo nel nostro paese.

Lorella Marini
Insegnante di Inglese
Liceo Scientifico ‘G. Alessi’’ - PERUGIA

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